È un luogo essenzialmente di silenzio e di preghiera. Per chi lo desidera è possibile visitarlo o essere accolti in foresteria accordandosi con il monaco che vi risiede. Fu costruita in tre epoche successive: - intorno alla metà del XV secolo venne eretta la parte corrispondente all’altare e all’attuale presbiterio, probabilmente su di uno strato precedente. È da questa prima piccola costruzione che viene il nome di “Ghisiola” (chiesuola, piccola chiesa) - verso il 1520 venne allungata nella sua parte anteriore - nei primi anni del 1600 furono aggiunti il lucernario e le due costruzioni laterali. L’eremo appare come una tipica costruzione popolare dalle linee architettoniche molto semplici, che ben si armonizzano con l’ambiente collinare circostante. È interessante la tecnica costruttiva, tipica delle case rurali, utilizzante materiale morenico disposto con competenza.
All’interno della chiesa:
- la pala dell’altare, che riproduce in stile tardo gotico una “Madonna col bambino”. A questa immagine si rivolse in preghiera la mamma di san Luigi Gonzaga, affetto da grave malattia all’età di due anni. A guarigione ottenuta, Marta Tana si recò in pellegrinaggio alla chiesetta offrendo come ex-voto un dipinto del piccolo Luigi ritratto con una rosa in mano.
- due affreschi, ritrovati durante i lavori di restauro “GHISIOLA” o CHIESA DI SANTA MARIA DELLA ROSA del 1979, sulla parete destra della chiesa, probabilmente risalenti al 1500. Raffigurano una “Madonna con bambino” e una “Crocifissione” con due figure di santi ai lati (forse Francesco e Chiara).
- un altro affresco, scoperto sulla parete di sinistra nel 1984, raffigurante una Santa tra due cornici di simboli delle varie arti rurali del tempo. Anche questo affresco era coperto da vari strati di calce dati, secondo le norme igieniche del tempo, in seguito alle varie pestilenze.
Dagli archivi emerge come questo piccolo eremo sia stato nei secoli utilizzato e vissuto nei modi più diversi. Inizialmente solo una piccola santella, compare per la prima volta nel resoconto della visita pastorale del vescovo di Brescia nel 1556 come una chiesa “senza porta” e nel 1566 come “senza dote”, “senza pallio, senza croce, candelabri e con predella dell’altare rotta”. Registrata come “consacrata” dal visitatore Cristoforo Pilati nel 1578, vede nel 1657 la presenza di un monaco eremita (“Ecclesiae sancta Mariae a Rosa omnibus necessariis provisa sufficienter ubi habitat eremita”). Nel secolo scorso il complesso ha visto la presenza per molti anni di una famiglia, rimanendo poi di nuovo abbandonato e andando presto in decadenza. Nel 1979 è iniziata una prima consistente fase di restauro, che ha reso di nuovo abitabile l’eremo (comunità dei padri Dehoniani dal 1984). Rimasto di nuovo disabitato, dal luglio 2007 la parrocchia di Castiglione lo ha affidato ad un giovane monaco solitario. Dal 2018 l'eremo ospita il punto giovani diocesano.